No fue el fuego, fue el feminicidio estatal!!! Giornata di mobilitazione internazionale davanti alle sedi dell’ambasciata del Guatemala

L’istituto di accoglienza per minori maltrattati, tossicodipendenti o detenuti per reati minori Virgen de la Asuncion di San Josè Pinula sembra essere una struttura tristemente nota in Guatemala.
Nella struttura, abitualmente sovraffollata, erano detenuti 750 minori tra i 14 e i 17 anni a fronte dei 500 posti disponibili. L’otto marzo circa 50 adolescenti sono evase dalla struttura per sottrarsi agli abusi sessuali subiti e alle condizioni di detenzione inaccettabili del centro.
Purtroppo sono state trovate dalle forze dell’ordine, riportate nel centro “d’accoglienza” e punitivamente internate in una sezione della struttura.
Quel che sappiamo è che, una volta lì, per protestare contro quanto stava accadendo, hanno bruciato dei materassi dando vita all’incendio che ha investito tutta l’ala femminile della struttura.
I soccorsi hanno tardato per ben 40 minuti e nell’attesa il personale a sorveglianza non ha aperto le celle , così 29 delle 50 giovani donne in “punizione” sono morte sul colpo, altre 11 poco dopo in ospedale. Centinaia di persone sono ancora in ospedale, quelle che scontavano condanne sono state trasferite in altre strutture detentive, alcune sono state restituite alle famiglie e qualcuno è ancora lì.
Di chi è la resposabilità? dei pompieri? del direttore dell’istituto? del ministro del welfare che poi si è dimesso? delle guardie carcerarie? Perchè la struttura era sovraffollata? Chi ha abusato delle e degli adolescenti rinchius* nel centro?
Rifiutiamo la narrazione dei media piena di retorica e luoghi comuni che diviene strumento del potere per insabbiare i reali motivi della protesta. Nessun giornale,ha ancora nominato questa storia con il suo vero nome : Femminicidio.
Erano anni che in quella struttura le giovani persone recluse denunciavano stupri e maltrattamenti, perchè le istituzioni non sono intervenute? Per noi, la completa resposabilità di quanto accaduto è da attribuirsi alle istituzioni e dunque da considerarsi un Femminicio di Stato .
Primo fra tutti riteniamo responsabile l’attuale presidente del guatemale, Jimmy Morales, che a febbraio mandò l’esercito contro le Women on Waves, organizzazione olandese che pratica l’aborto gratuito su delle navi, approdando nei paesi in cui questa pratica è proibita e trasportando le donne per farle abortire in acque internazionali.
Quelle giovani donne sono state lasciate morire lì affinchè si perpetuasse il potere patriarcale.
Quelle 40 giovani donne sono state uccise per essersi ribellate allo stupro e alle inaccettabili condizioni di detenzione. Sono morte perchè dovevano essere punite per aver provato ad autodeterminarsi, attraverso la fuga.
Tuttavia, lungi da noi esotizzare quanto accaduto. La strage di Stato di San Josè Pinula è un’espressione estremamente violenta di ciò che accade quotidianamente, in ogni parte del mondo, sia per quanto concerne la questione carceraria: abusi sessuali, sovraffollamento e condizioni di vita inaccettabili infatti sono la normalità nella maggior parte delle carceri di tutto il mondo, sia per quanto riguarda l’invisibilizzazione della violenza di e del genere. Per questo, quello stesso otto marzo 2017 le donne di tutto il mondo sono scese in strada e si sono riappropriate di una giornata di lotta per denunciare e combattere la violenza maschile contro le donne in tutte le sue forme. Il patriarcato non ha confini, per questo aderiamo alla chiamata internazionale di mobilitazione, il 21 marzo alle ore 18 presso le sedi delle Ambasciate del Guatemala.
Sempre accanto a chi lotta
Evadiamo ogni giorno dalla violenza del patriarcato!
Libere tutte!

APPUNTAMENTO
Roma
ore 18.00
Via Giambattista Vico, 20

#nonunadimeno
#PlantónMundialPorLaNinasDeGuatemala

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La Consultoria TransFemminista Queer di Bologna ha una nuova casa

 

Lotto Marzo si avvicina, e ovunque si prepara lo sciopero globale femminista e si mettono a punto gli strumenti per dare vita allo sciopero dei/dai generi!
Come avevamo detto insieme al Sommovimento NazioAnale (https://sommovimentonazioanale.noblogs.org/) per far strabordare lo sciopero dei/dai generi contro la violenza maschile e di genere, vogliamo vedere spuntare ovunque Consultorie Transfemministe Queer, intese come laboratori permanenti di politicizzazione del genere, della sessualità, del benessere e luoghi di autorganizzazione contro i dispositivi di controllo delle nostre vite e dei nostri corpi.
Oggi la Consultoria Transfemminista Queer di Bologna ha trovato casa in uno spazio liberato dalla speculazione e dalla privatizzazione in una città in cui il deserto sociale avanza insieme alla repressione di ogni spazio di di autorganizzazione! Come scrivono le nostre sorelle a Bologna “La consultoria transfemminista queer è un’infrastruttra per lo sciopero permanente dei e dai generi, un luogo dove ripensare la disidentificazione delle singolarità dai generi obbligatori in forma collettiva, un luogo tutto per sé, autonomo e autogestito, dove far proliferare la produzione di maschilità e femminilità contro-egemoniche e sospendere la riproduzione di Donne e Uomini eterocis, una zona autonoma permanente che renda visibile che un’altra vita è possibile, che rifiutare i ruoli naturalizzati è desiderabile e che la posizione di soggetto maschile egemonico e di femminilità complementare non sono più sostenibili socialmente. Troppo alto il prezzo da pagare in termini di violenza, esclusione delle altre soggettività, complicità con la governance e il comando neoliberale”.
Vogliamo vedere spuntare tante altre consultorie transfemministe queer come spazi e/o fisici nei quali autorganizzarci insieme contro la violenza maschile, l’egemonia bianca, il binarismo cis-genere e l’eterossessualità obbligatoria.

DAJE FORTE!!!!!!
Con amore e rabbia
Cagne_Sciolte

Questo il comunicato della Consultoria Transfemminista Queer di Bologna:
La Consultoria TransFemminista Queer di Bologna prende spazio
Da anni resistiamo alla violenza maschile, di genere e del genere singolarmente nelle case e nello spazio pubblico; negli spazi sociali autogestiti ci siamo costituite in gruppi, collettivi e branchi, ci siamo interconnesse e abbiamo iniziato a praticare altre forme di vita, relazione, sessualità che non riproducono il maschile egemonico, l’eterosessualità obbligatoria, il binarismo cisgenere, la coppia romantica, la famiglia riproduttiva.
Siamo transfemministe, trans*, lesbiche, froce e da oggi rendiamo visibile e mettiamo a disposizione di tutt* una consultoria transfemminista frocia verso lo sciopero femminista globale del Lotto Marzo, risocializzando uno spazio di proprietà pubblica vuoto da anni, destinato a essere svenduto e alienato a privati senza un progetto qualificante per la città, mentre si spacciano per riqualificazione urbana lo sgombero degli spazi sociali, la cementificazione e la gentrificazione che creano solo deserto sociale a favore di interessi speculativi.
Come per le altre esperienze di consultorie autogestite e queersultorie in altre città, non si tratta di un presidio sanitario o di un servizio, ma di un luogo di autorganizzazione in cui occuparci della nostra salute e dei nostri corpi a partire dal piacere, dal desiderio e dalla tra(n)sformazione e non dalla malattia e dalla “funzionalità” da ripristinare o dal controllo biomedico dei corpi e della riproduzione.

Vogliamo scambiarci informazioni ed esperienze.
Vogliamo socializzare pratiche diffuse sul consenso e sulla condivisione di responsabilità rispetto a violenza maschile e molestie.
Vogliamo parlare delle malattie professionali delle precarie e della prevenzione e gestione delle malattie sessualmente trasmissibili che non sono un segreto, una colpa o una punizione.
Vogliamo organizzare la lotta per servizi sanitari efficienti e non più incentrati sull’eterosessualità e sulla maternità obbligatoria, perchè siamo stufe di medici obiettori, di chi ci colpevolizza se vogliamo abortire o prendere la pillola del giorno dopo, stufe di un sistema che infantilizza le/i trans.
Vogliamo lottare al fianco delle lavoratrici e dei lavoratori del sistema sanitario pubblico che vogliono trasformarlo insieme a noi.
Vogliamo uno spazio in cui discutere in modo orizzontale di sesso, di emozioni, di salute, di come stiamo, delle relazioni fra i generi e di come (dis)educarci alle differenze, alle identità gerarchizzate e naturalizzate; uno spazio per praticare il diritto alla trasformazione personale e politica; dove affermare il senso profondo della nostra legittimità a godere quando, come e con chi vogliamo, anche se ci hanno insegnato che la nostra sessualità è al servizio di quella maschile; la legittimità a esistere e ad affermare il genere che sentiamo più consono ai nostri desideri a prescindere dal sesso anatomico e a ricorrere alle tecnologie che desideriamo per cambiare o non cambiare i nostri caratteri sessuali.

Dalla consultoria transfemminista queer vogliamo organizzare le lotte per il reddito di autodeterminazione, per uscire dalla precarietà e rivendicare il diritto al benessere sociale.
Dalla consultoria prepariamo lo sciopero globale delle donne e lo sciopero dei e dai generi dell’8 marzo organizzato da Non Una di Meno, perché è un percorso in cui abbiamo intrecciato le lotte con tante e tant* unendoci oltre le differenze per convergere verso obiettivi comuni.

Questa è la nostra forma di sciopero, perchè ci è impossibile scioperare in forma classica dato che le tutele e diritti del lavoro non sono mai esistiti o sono saltati completamente per molte di noi, perché ci è impossibile individuare una forma puntuale di sciopero dei e dai due generi obbligatori e normativi e lo intendiamo piuttosto come pratica quotidiana.
Ci prendiamo questo spazio e questo tempo, sottraendolo al lavoro precario, al lavoro di cura, al lavoro gratuito di produzione del genere, alla messa a valore e sfruttamento della nostra favolosità, perché lo sciopero non sia solo sottrazione, ma momento istituente di nuove infrastrutture sociali, di forme di welfare dal basso a partire da una mappatura autogestita di tutti quei bisogni ‘imprevisti’, che non rientrano nelle griglie burocratiche delle istituzioni.
La consultoria transfemminista queer è un’infrastruttra per lo sciopero permanente dei e dai generi, un luogo dove ripensare la disidentificazione delle singolarità dai generi obbligatori in forma collettiva, un luogo tutto per sé, autonomo e autogestito, dove far proliferare la produzione di maschilità e femminilità contro-egemoniche e sospendere la riproduzione di Donne e Uomini eterocis, una zona autonoma permanente che renda visibile che un’altra vita è possibile, che rifiutare i ruoli naturalizzati è desiderabile e che la posizione di soggetto maschile egemonico e di femminilità complementare non sono più sostenibili socialmente. Troppo alto il prezzo da pagare in termini di violenza, esclusione delle altre soggettività, complicità con la governance e il comando neoliberale.

Invitiamo tutte/i/* coloro che condividono questi bisogni e mettono al centro la lotta contro il sessismo e la violenza maschile a partire da sé, dal proprio vissuto e dalla decostruzione dei propri privilegi, a sostenere la Consultoria transfemminista queer e a partecipare all’assemblea di apertura oggi, 5 marzo 2017, alle 18 in via A. Menarini (incrocio via Azzogardino), ad allargare il processo per portarlo nella piazza Lottomarzo e oltre.

Consultoria TransFemminista Queer Bologna

https://consultoriaqueerbologna.noblogs.org/

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Chi è Higui? Siamo tutte noi! Per la libertà di autodifesa dalla violenza del genere

Higui è una compagna lesbica argentina che dall’ottobre 2016 si trova in carcere. La sua colpa secondo la giustizia? Quella di aver ucciso uno dei dieci uomini che – dopo una serie infinita di molestie e aggressioni – un giorno dell’ottobre scorso hanno deciso di aggredirla in strada, molestarla, picchiarla e minacciare di stuprarla per “farla diventare una vera donna”.
Higui si è difesa e uno dei dieci pezzi di merda ci è rimasto secco. È morto. E non ci dispiace. Ci dispiace – in realtà ci fa proprio infuriare – che da quel giorno di ottobre Higui sia chiusa dietro le sbarre di una prigione, privata della sua libertà per essersi difesa da uno stupro di gruppo. Uno di quegli “stupri correttivi” che da sempre gli uomini cisgender usano per riportare sulla “giusta via” chiunque osi divergere dall’eteronorma: donne non abbastanza sottomesse al volere patriarcale, lesbiche da raddrizzare con una bella penetrazione forzata, froci, ovvero uomini non abbastanza virili e selvatici, trans, ovvero persone che scelgono di “tradire” il proprio genere di appartenenza e sfidare il binarismo imposto o intersex, ovvero persone da mutilare chirurgicamente per ricondurle ad uno dei due unici generi socialmente accettati. Ci fa infuriare che questi 9 stronzi rimasti in vita se ne vadano in giro a minacciare la famiglia di Higui e farsi vanto delle proprie gesta.

La solidarietà che vogliamo esprimere a Higui e alle sue compagne di lotta – che da mesi portano avanti una mobilitazione per la sua liberazione che vedrà nella tappa dell’8 marzo un momento di piena espressione della loro rabbia – nasce dal fatto che non vediamo in questo episodio un fatto isolato, lontano da noi. Deriva dal fatto che crediamo nell’autodifesa come pratica di liberazione e di empoderamiento individuale e collettivo, nella sorellanza e nella complicità tra soggetti oppressi come la nostra principale arma per trasformare la rabbia in potenza di liberazione dall’oppressione.

Ogni giorno, le donne vengono uccise e oppresse da uomini che dicono di amarle, ogni giorno soggetti eccedenti rispetto alla norma etero patriarcale vengono forzatamente e inutilmente ricondotti all’ordine eteronormativo che opprime e soffoca le nostre vite.
Chi decide di denunciare le violenze si trova a dover affrontare gli sguardi di scherno, le violenze e la ridicolizzazione delle proprie esperienze da parte delle forze dell’ordine. Le donne che denunciano gli stupri, vengono sottoposte ad una violenza ulteriore nelle aule di tribunale, ad una minuziosa messa in scena della giustizia che preferisce dimostrare quanto la sopravvissuta sia colpevole e causa della violenza subita alla luce delle sue abitudini sessuali, di come si veste, di come ha inteso provocare il suo aggressore facendosi credere consenziente e disponibile (in tal senso la vicenda dello stupro dell’Aquila è assolutamente esemplare seppur in alcun modo isolata, https://ciriguardatutte.noblogs.org/).

L’8 marzo saremo in piazza per lo sciopero globale delle donne (di genere e dai generi), convocato dalla piattaforma Non Una di Meno (https://nonunadimeno.wordpress.com/). Saremo in piazza con tant* altr* contro la violenza di genere e del genere che ci opprime e che vorrebbe ricondurci al ruolo che il sistema eteronormato ha elaborato per noi. Uno sciopero globale che ci permette di connetterci con le lotte che tante altre insieme a noi stanno portando avanti in tutto il mondo. In quelle piazze, le nostre grida e la nostra rabbia saranno anche per Higui e per le sue compagne di lotta.

La rabbia è la nostra forza, la solidarietà e l’autodifesa le nostre armi
Higui libera, tutte libere

#NiUnaMenos#VivasNosQueremos#NonUnadiMeno#LottoMarzo

CagneSciolte

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8 GENNAIO _ Gran Mercatino delle Autoproduzioni

Gran ripijone post-natalizio, dalla mattina alla sera allo spazio delle Cagne Sciolte:

Dalle 11 __ Mercatino nel cortile confidando nel sole__ gran galà delle autoproduzioni //// Gran scambione dei regali imbarazzanti: porta i regali di cui vuoi liberarti e accollatene altri altrettanto agghiaccianti

H 13:00 _ Pranzo vegan a cura de* Giardinier* Sovversiv* Roman*

Dalle 16 _ BiskaPromiskua _ dadi, carte, mini-tornei, tombolata degli orrori

H 19 _ Presentazione del libro “Diventare Uomini. Relazioni maschili senza oppressione” di e con Lorenzo Gasparrini

H 21 _ Spaghettata a cura delle Cagne Sciolte

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Giornata Presa_A_Benefit per l’autogestione dello spazio
Farà freddo ma ci riscalderemo con i nostri corpi ♥

 

Per partecipare al mercatino:

Ti piace il bricolage e hai casa piena di inutilità da te prodotte? Hai fatto un corso di erboristeria e non sai più a chi regalare saponi? Hai comprato una macchina da cucire e hai usato settordici km di stoffa in tende e grembiuli?

Se ti andasse di portare le tue strepitose creazioni o le tue sensazionali invenzioni non devi far altro che scriverci (in privato su fb o manda una mail a cagnesciolte@bastardi.net)!
Il tavolo e ciò che ti serve per esporre te lo devi portare tu ma sarai accolt da tantissimo aMMore e coccolato con deliziosi pasti! Cosa aspetti?!?
Ricorda solo che ogni prodotto alimentare e non dovrà essere vegan!

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Evento fb: https://www.facebook.com/events/402544813417923/

 

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COMPLECAGNA /// VOL III

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SABATO 17 DICEMBRE //// III COMPLECAGNA

Festeggiamo tutte, tutti e tuttu insieme i tre anni delle Cagne Sciolte
Una serata di danze sgraziate, eccessi sboccacciati, performance liberate e presa a bene. Un turbine di favolosità che si muove insieme verso il sole

Dalle 19 in poi
//cabaret con Genea, Nita, le stamonie Siouxie, Valentina sasso, Bon Bon Rouge, Basaglia Grazie e molte altre sorprese … //
//Cena Vegan//
//Female Trouble Band ft Stella Veloce//
// Mash up ballereccio con Dj Vh//

Benefit autogestione dello spazio e accolli legali

Venite solo se ci amate almeno quanto ci odiate ♥

Cagne Sciolte _ Via Ostiense 137 _ MetroB Garbatella
www.facebook.com/events/325686347818442/?notif_t=plan_user_invited&notif_id=1481195504824112

 

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Verso il 26N_Donne, Froce, Trans, Sex Workers, Femministe e Queer contro la violenza di genere!

Qui sotto trovate un pò di materiale che si può utilizzare verso e durante la manifestazione del 26 novembre! Vi aspettiamo tutt*, vi aspettiamo in tant*!

sex-work-copia autodif-tranfem-copia-1 viol-del-gen-copia transfem-insubord-copia sesso-binario-copia sessimo-razzismo-copia sciopero-generi-copia queers-vs-deportation-copia obietta-copia nudi-drag-copia lotta-anale-copia generi-confini favolosita-copia eteronormativita-copia donne-utero-bis-copia confini-culo-copia

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26N: Per uno spezzone transfemminista queer al corteo nazionale contro la violenza maschile sulle donne

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In moltissime parti del mondo – in Sud America, in Polonia, in Spagna – le donne stanno occupando le strade: femministe, trans*, sex workers, soggettività lgbtqi, tutt* insieme con i propri corpi e le proprie rivendicazioni, incrociano le braccia per dire basta ai femminicidi e alla violenza di genere e per affermare la propria autodeterminazione. Il prossimo 26 novembre, in occasione della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza maschile contro le donne, si scenderà in piazza a Roma con un grande corteo nazionale al grido di “Non una di meno”:  vogliamo esserci come lelle, froce, trans*, puttane e terrone con uno spezzone transfemminista queer aperto a tutt* coloro che fanno della lotta alla violenza eteropatriarcale, all’eterosessualità obbligatoria e al binarismo di genere una priorità.

La violenza maschile contro le donne non deve e non può essere in alcun modo relativizzata. Allo stesso tempo, la nostra esperienza della violenza di genere mette in evidenza i nessi tra violenza maschile, eteronormatività e imposizione del binarismo di sesso-genere.
Come transfemministe queer siamo costantemente in lotta per costruire un mondo libero dalla violenza di genere, la cui enormità è davanti ai nostri occhi ogni giorno con un vero e proprio bollettino di guerra. Ma la violenza non è solo quella rappresentata mediaticamente, non è un elemento disfunzionale rispetto ai presunti normali rapporti tra uomini e donne, non è l’eccezione nel mondo etero-cis-patriarcale, ma è un fenomeno sistemico e strutturale. Al cuore di questa violenza ci sono l’eteronormatività e l’eterosessualità obbligatoria che producono un sistema di generi rigidamente binario, secondo il quale la propria “maschilità” o “femminilità” e i ruoli sociali dipenderebbero dal sesso assegnato alla nascita. In questa cultura, “maschile” e “femminile” sono generi costruiti come opposti, complementari e asimmetrici: tutto ciò che è “femminile” occupa un posto inferiore. Chiunque provi a ribellarsi alla norma che determina quale posto bisogna occupare nel mondo, che sia una donna che sceglie di lasciare il marito violento o un* adolescente che scappa da una famiglia che non le/gli permettere di scegliere liberamente come vivere il genere, la sessualità e i legami affettivi, viene colpit* dalla violenza di questo sistema, viene ricondott* all’ordine e, se continua a ribellarsi, uccis* o suicidat*.

Questa violenza ha una profonda radice patriarcale che cerca continuamente di reimporsi contro l’autonomia delle donne e i percorsi di autodeterminazione di tutte le soggettività che resistono all’eteronormatività e si ribellano al binarismo di genere: perché la matrice della violenza che colpisce le donne – cis, trans*, etero, lesbiche, queer, bi – è la stessa che produce la violenza contro tutte le soggettività che trasgrediscono la norma etero e cis, che si rifiutano di riprodurre la maschilità egemonica o di identificarsi come donne nonostante l’assegnazione alla nascita. Anche in questo senso, diciamo che la violenza di genere è violenza maschile: perché è prodotta dal funzionamento coerente della maschilità egemonica, che si costruisce come naturale e spontanea attraverso la delegittimazione e la repressione di ogni altra forma di mascolinità non normativa, non etero, femminile, lesbica, gay, trans*.
Non si tratta quindi di aggiungere altre soggettività alla lista delle vittime, ma di affermare che la violenza di genere è prodotta dalla violenza DEL genere, dall’imposizione di due sessi-generi normativi a sostegno dell’eterosessualità obbligatoria, all’interno di una cornice familista e riproduttiva. Questa violenza trova terreno fertile nella centralità sociale attribuita alla famiglia nucleare e alla coppia – intesa come unico luogo legittimo di realizzazione emotiva e di espressione dell’amore e al contempo come spazio eminentemente “privato” (“tra moglie e marito non mettere il dito!”)- e nell’immaginario dell’amore romantico: un immaginario che si nutre di senso del possesso, gelosia, esclusività, annullamento di sé e fusione simbiotica, isolamento nella coppia, non solo produce linfa per la violenza ma finisce anche per legittimarla.

In questo contesto, alla maschilità egemonica fa da contrappunto una femminilità normativa, a cui tutt* coloro che sono stat* assegnat* donne alla nascita sono chiamate ad aderire, prestandosi più o meno gratuitamente al lavoro di cura, affettivo e materiale e di riproduzione e naturalmente all’eterosessualità e alla maternità obbligatorie. Proprio a quest’obbligo ha tentato di ricondurci recentemente il fertility day, così come ci provano continuamente gli attacchi alla libertà di scelta (non) riproduttiva messi in atto dai cosiddetti obiettori di coscienza negli ospedali pubblici, che svuotando di fatto la legge 194 nel nome di un modello e un ruolo femminile destinato alla maternità, mettono a rischio non solo la libertà ma anche la vita stessa delle donne.
Non ci stancheremo mai di ricordare, inoltre, che la violenza del genere, agisce indipendentemente dalla provenienza o dalla cosiddetta “cultura” di chi la compie. Rispediamo quindi al mittente ogni lettura femonazionalista e omonazionalista della violenza contro le donne, che produce degli “altri” razzializzati (migranti, musulmani o terroni che siano), che proietta le proprie strutture eteropartiarcali su altre culture provenienti dal Sud, non solo in senso geografico, rappresentandole come meno “civili” e intrinsecamente violente, tradizionali o arretrate. Le narrazioni razziste della violenza strumentalizzano le nostre lotte per occultare il fatto che la violenza non è esterna e lontana, ma un elemento che struttura tutta la società e solidifica la comunità nazionale.

Contro la violenza del genere e di genere, contro la riproduzione della maschilità egemonica e la complicità con essa, come invito a ribellarsi anche alla femminilità normativa, vogliamo rilanciare la prospettiva dello sciopero dai/dei generi, come pratica di lotta quotidiana, di sottrazione dalle performance binarie dei ruoli di genere socialmente imposti.
Alla centralità sociale della relazione monogamica e all’immaginario romantico ci ribelliamo continuando a costruire e sperimentare molteplici forme di intimità, reti di affetti e di cura non centrate sulla coppia, perché gli affetti e le relazioni sono sempre un fatto politico, non solo quando diventano violente! Se è vero che la violenza di genere si riproduce anche dentro le relazioni non etero e queer, nella misura in cui abbiamo introiettato i codici egemonici e binari della coppia ruolizzata, nei quali siamo stat* cresciut*, risulta ancora più importante – contro ogni forma di etero e omonormatività – riaffermare il desiderio, la pratica e l’importanza politica delle altre intimità e delle forme di relazione e affetto alternative.
Crediamo che non sia possibile vincere la battaglia contro la violenza eteropatriarcale senza tessere fili di connessione tra di noi, senza leggere le intersezioni che ci sono tra l’essere donna, frocia, lesbica, trans*, queer, intersex, migrante, sex worker, terrona in una società maschile e maschilista, eterosessista e violenta, che cerca con ogni mezzo di incasellarci e ricondurci tutt* all’ordine, nelle case, sul lavoro, a scuola, per strada, nelle relazioni, nelle istituzioni e nei servizi pubblici.
Per questo, abbiamo deciso di costruire uno spezzone transfemminista queer alla manifestazione del 26 novembre, per creare lo spazio e il tempo per incontrarci, riconoscerci e posizionarci le une a fianco de* altr* nella lotta contro la violenza di genere. Perché chi ci vuole divise per disciplinarci ci troverà tutt* insieme a urlare furiose nelle strade e nelle piazze: NiUneMenos!

Per info: https://sommovimentonazioanale.noblogs.org/

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20 Novembre __ Gran BaccAno /// Karaoke Queer

karaokegranbaccano

Domenica 20 Novembre
Gran BaccAno /// Karaoke Queer contro la violenza di genere
– 20:30___ cena vegan
– a seguire Karaoke

A gran richiesta da ogni angolo della città torna il trashissimo karaoke delle Cagne Sciolte!!! Prepara e performa il tuo pezzo forte! Siamo il gender, il potere ci temono ♥

Serata a sostegno del percorso #NonUnaDiMeno
verso la manifestazione nazionale del 26 novembre a Roma
h. 14 P.zza della Repubblica e i tavoli di discussione del 27 novembre

Per info sul percorso #NonUnaDiMeno: https://nonunadimeno.wordpress.com/

@Cagne_Sciolte /// Via Ostiense, 137b /// MetroB_Garbatella
https://www.facebook.com/events/1270255302994739/#

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Ni Una Menos! Vivas nos queremos!

Questo è il documento letto in Plaza de Mayo da uno dei collettivi che sta animando la protesta in Argentina. La traduzione è a cura di semenella

Noi ci fermiamo.
Contro quelli che vogliono fermarci.
Mentre si svolgeva il 31esimo Incontro Nazionale delle donne, violentavano e assassinavano Lucìa a Mar del Plata. Un anno prima eravamo state caricate in quella città, come quest’anno a Rosario.

Noi ci fermiamo.
Perché non ci fermino con la loro pedagogia criminale. Per fare noi stesse pedagogia, perché unite costruiremo una società senza macismo. Perché libertà vuol dire smontare definitivamente il patriarcato.

Noi ci fermiamo e scioperiamo. Perché ci addolora e ci indigna che in questo mese di Ottobre si contino già 19 morte. Scioperiamo perché per fermare la violenza femminicida abbiamo bisogno di partire dall’autonomia delle nostre scelte, e questo non è possibile finché l’aborto non sarà legale, sicuro e gratuito per tutte. Finché le condizioni economiche continueranno a riprodurre la violenza macista: perché le nostre giornate lavorative sono due ore più lunghe di quelle degli uomini, dato che i compiti di cura e riproduttivi ricadono sulle nostre spalle e non hanno nessun valore nel mercato del lavoro.

Perché la disoccupazione si alza di due punti quando si parla di donne, perché la differenza salariale è, in media, del 27%. Vale a dire che le donne guadagnano molto meno dei loro compagni, a parità di incarico lavorativo.

In un contesto di tarifazos (aumento dei prezzi dei servizi pubblici energetici e dei trasporti), adeguamenti per l’inflazione, incremento della povertà e restringimento dello Stato, come quello che propone il Governo dell’Alleanza “Cambiamo”, noi donne sopportiamo il peso maggiore: la povertà ha un volto femminile e ci toglie la libertà di dire no quando siamo nel circolo della violenza.

Noi scioperiamo.
Scioperiamo contro i proiettili di gomma che provano ad arrestare la nostra forza. Una forza che cresce attraverso gli incontri, le mobilitazioni, i dibattiti. Una forza femminista, forza di donne.

Scioperiamo contro il disciplinamento delle donne, che significa che Milagro Sala (1) è in carcere in quanto donna, indigena; per essersi organizzata, per aver reclamato non soltanto i diritti di base, ma anche il diritto di tutte e tutti alla festa ed ai momenti ricreativi. Contro la detenzione e il procedimento giudiziario irregolare che tiene in ostaggio Reina Maraz (2), migrante di lingua quechua, che una giustizia misogina e coloniale ha condannato ingiustamente all’ergastolo. Contro le condizioni delle carceri femminili, che le rendono sempre più spazi dove si amplificano le gerarchie classiste e razziste. Contro il fatto che in quartieri come Bajo Flores le adolescenti sono perseguitate per giorni e poi spariscono, dopo essere state minacciate. Ma anche contro il modo in cui i quartieri diventano ogni giorno più asfissianti, teatro di trame di economie illegali che portano a forme di violenza nuove e sempre più dure.

Contro la politica retrograda che inaugura un centro di detenzione per immigrati, in una chiara retrocessione della legislazione vigente.

Scioperiamo prendendo l’iniziativa. Mostrando una capacità forte di reazione alla guerra contro le donne che viene scritta giorno dopo giorno. Ci mobilitiamo e ci autodifendiamo.

Quando toccano una, rispondiamo tutte.

Per questo oggi, 19 di Ottobre, noi scioperiamo.
Siamo le casalinghe, le lavoratrici dell’economia formale e informale, le maestre, le lavoratrici delle cooperative, le accademiche, le operaie, le disoccupate, le giornaliste, le militanti, le artiste, le madri e le figlie, le domestiche, quelle che incontri per strada, quelle che escono di casa, quelle che stanno nel quartiere, quelle che sono andate ad una festa, quelle che hanno una riunione, quelle che vanno in giro da sole o accompagnate, quelle che hanno scelto di abortire, quelle che hanno deciso come e con chi vivere la nostra sessualità.

Siamo donne, trans, travestite, lesbiche. Siamo molte, e della paura che ci vogliono imporre e dalla furia che ci tirano fuori a forza di violenza, ne facciamo un suono, una mobilitazione, un grido comune: Non una di meno! Ci vogliamo vive!

Noi scioperiamo.
Scioperiamo contro il femminicidio, che è il punto più alto di una trama di violenze, che include lo sfruttamento, la crudeltà e l’odio alle forme più diverse di autonomia e vitalità femminile, che pensa che i nostri corpi sono cose da usare e scartare, rompere e saccheggiare.

Lo stupro e il femminicidio di Lucía Pérez mostrano una linea decisa contro l’autonomia e la capacità di decidere, l’azione, la scelta e il desiderio delle donne.
Lucía è stata considerata come una cosa, da percuotere fino a che lo sopporta, e lasciata poi davanti ad un pronto soccorso per far credere che era morta di overdose, per nascondere la verità.

Non è stata la droga, sono stati i maschi.
L’hanno stuprata ed uccisa a Mar de Plata, poche ore prima che la marcia dell’Incontro nazionale delle donne venisse caricato dalla polizia.

L’incontro più trasversale e creativo, che mobilita identità e sensibilità diverse, sotto forma di organizzazioni a loro volta diverse: collettivi politici, artistici, di quartiere, sindacali… Tutte totalmente politiche: perché la politica è una lotta insistente per l’invenzione della libertà, per la costruzione comunitaria e per l’ampliamento dei diritti.

Come tutti i femminicidi, anche quello di Lucía ha come obiettivo il disciplinamento delle donne e di tutte le persone che si ribellano contro i ruoli che questa società difende: o sarà ciò che si suppone sia normale o non sarà niente. E non potrai dire di NO perché il costo di dire di NO sarà, all’estremo, la morte.

Da una gabbia ad un altra. Da un tipo di oppressione ad altre più cruente. Tra le donne di meno di 30 anni la disoccupazione è al 22%. La precarietà delle nostre vite. Donne trasformate in puttane o incarcerate. Trans e travestiti repressi quotidianamente per strada benché non gli si assicuri il diritto ad entrare nella vita lavorativa e si continui ad imporgli la prostituzione come unico destino. Donne assassinate dai loro partner, abusate dai loro padri o picchiate dalla polizia. Stiamo vivendo una stagione di caccia. E il neoliberismo fa le sue prove di forza sui nostri corpi. In ogni città, in ogni angolo del mondo non siamo al sicuro.

Noi scioperiamo.
Perché tutte le variabili economiche mostrano la violenza macista. I femminicidi sono il risultato di una serie di violenze economiche e sociali, di pedagogie della crudeltà, di una cultura del “ci sarà un motivo”, “qualcosa avranno fatto”, che glielo permette, li giustifica e li avvalla. Non sono un problema di sicurezza o insicurezza. Lottare contro queste violenze esige risposte multiple. Ci riguarda tutti e tutte, anche se sappiamo che i poteri dello stato e tutte le sue istituzioni (nazionali, provinciali e municipali) agiscono solo se costretti dalla pressione sociale che spinge dal basso. Per questo siamo qui oggi, in tutto il paese e in vari paesi contemporaneamente, dicendo Non una di meno! Ci vogliamo vive!

Come possiamo creare un altro mondo possibile se le misure che tendono a questa trasformazione come il Programma di Educazione Sessuale Integrale viene smantellato poco a poco o semplicemente non viene applicato in varie province?
Como osano paragonare delle scritte su un muro all’uccisione e alla tortura di una bambina?
Come fanno a chiederci di avere pazienza se guadagniamo il 27% in meno degli uomini per fare lo stesso lavoro?

Come pretendono che facciamo attenzione se allo stesso tempo dai mezzi di comunicazione ci dicono che quelle che vanno sole e vengono ritrovate morte ne hanno la colpa? Come pretendono che abbiamo pazienza se ci tolgono la pensione da casalinghe e non considerano seriamente il lavoro che è prendersi cura di una famiglia? Sì, lavoro. Il 76% dei lavori non remunerati lo facciamo noi. Come osano dirci che questo non è così grave quando tolgono l’autonomia economica a migliaia di donne cacciandole dal loro lavoro, quando ci abbassano lo stipendio, quando ci minacciano di abbassarci i contratti collettivi? Come pretendono che aspettiamo, quando moriamo per aborti fatti male o ci incarcerano se andiamo in ospedale per un aborto spontaneo? E potremmo continuare…

Nessuno vuole farsi carico di queste domande. e ancora meno di trovare delle risposte che ci includano, e non soltanto come vittime, morte, cose, ma come protagoniste con una propria voce. Noi vogliamo insistere, esigere, chiedere, rispondere, perché non vogliamo più vittime, di nessun tipo. Per questo noi donne scioperiamo.

E questa richiesta diventa di tutta la regione latinoamerica: Bolivia, Cile, Perù, Uruguay, Costa Rica, Guatemala, El Salvador. E in America Latina ci accompagniamo l’un l’altra.

Ni Una Menos. Vivas nos queremos

** Note **
(1) Dirigente política, sociale e indigena argentina, leader dell’Organizzaciòn Barrial Tupac Amaru, arrestata in seguito ad una serie di iniziative politiche, in particolare una acampada contro il governatore

(2) Donna boliviana di etnia quechua, vittima di violenze da parte del marito e non solo, accusata di aver preso parte all’omicidio dello stesso durante una lite con un vicino e amico, dal quale probabilmente anche lei subiva violenza. Processata e condannata all’ergastolo benché lei non parli castigliano e non abbia potuto né difendersi né comprendere che cosa le stava accadendo

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Cineperras! films e chiacchiere contro il patriarcato

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Proiezione di films contro il patriarcato

Proiettiamo un film ogni tre settimane, per vedere, pensare insieme, e mettere in discussione le rappresentazioni e gli stereotipi del cinema.

Perché amiamo i film, ma siamo stanchi di vedere solo personaggi e storie costruite dal patriarcato colonialista; non vogliamo più continuare a guardare films realizzati da uomini cis bianchi e privilegiati.

I films, come le produzioni culturali, e come ogni rappresentazione audiovisiva, sono il modo più semplice e veloce, di assimilare e internalizzare gli stereotipi del sistema che rifiutiamo.

E’ molto efficace, non vediamo altre rappresentazioni: i ruoli gerarchici, la supremazia bianca, l’amore romantico, l’eteronormatività ‘naturalizzata’, tutti i binarismi (non solo di genere), la famiglia e le istituzioni totali di reclusione come “buone”, i personaggi femminili che sono decorazioni, i canoni assassini di “bellezza”, gli uomini bianchi eroi, il neocolonialismo europeo o statunitense, capitalismo, il consumo, lo status quo, le forme di vita che servono e i modi di vita che vengono scartati, i corpi utili e corpi superflui… La lista è infinita.

La lista è così lunga che va oltre la nostra immaginazione.

E ‘importante iniziare a vedere films che mettano in discussione tutto questo.

D’altra parte, è anche importante per quanto riguarda il linguaggio e le forme di comunicazione.
I films che hanno diffusione commerciale, utilizzano un linguaggio che infantilizza gli spettatori. Questi stessi films ci insegnano ad essere sciocchi, a pensare il mondo in modo binario: mostrando personaggi che sono solo eroi o che sono solo cattivi. In questo modo, continuiamo a accettare il mondo e la società, in modo automatico e ubbidiente.

Pensiamo invece che Le storie e i personaggi siano costruzioni complesse. Vogliamo trovare films che ci rappresentano un po ‘di più.

Se conoscete dei films che ci corrispondono, siamo aperte alle vostre proposte.

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>> 13 Novembre dalle 18 Aperitivo e proiezioni

“El Trabajo más antiguo de la Humanidad” (“Il Lavoro più antico dell’Umanità”)

Un cortometraggio con una sintesi di ciò che significa essere una prostituta in America Latina oggi.
Un colloquio con una collega attivista di un’organizzazione per i diritti dei lavoratori del sesso a Buenos Aires.

– BORN IN FLAMES (“Nata in Fiamme”), di Lizzie Borden – USA 1983 – ENG SUB ITA

Un film che esplora il razzismo, classismo, sessismo e eterosessismo in una democrazia socialista alternativa, negli Stati Uniti.

>> 4 Dicembre dalle 18 Aperitivo e proiezione

A QUESTION OF SILENCE – DE STILTE ROND CHRISTINE M. (“Il silenzio riguardo Christine M.”), di Marleen Gorris – OLANDA 1982 – DUTCH SUB ITA

Un film sull’oppressione e il controllo patriarcale, il carcere e la psichiatrizzazione, l’autodifesa e la solidarietà femminile.

 

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