Torino: la nostra rabbia non si compra!

Riceviamo e diffondiamo

LA NOSTRA RABBIA NON E’ UN FESTIVAL NE’ UNA PARATA…

Questa notte delle scritte sono apparse a Torino. E’ la nostra rabbia a
riempire i muri dell’autocelebrazione del Lovers Film Festival e del
Piemonte Pride 2017.

Gli organizzatori di questi eventi hanno intessuto alleanze politiche
con chi governa questa città, svendendo la carica sovversiva dei corpi
froci al migliore offerente.

Sta notte delle scritte sono apparse davanti al Cinema Massimo (location
del film festival), in piazza palazzo di città, sede del comune,
partner istituzionale di entrambe le iniziative, e sui muri del deposito
della GTT, sponsor del Piemonte Pride 2017, di Corso Trapani.

“Queering the borders” è il claim del Lovers Film Festival. “A corpo
libero” lo slogan del pride. “Diritti oltre il confine” si chiamava lo
spazio del Coordinamento Torino Pride al Salone del libro di quest’anno.
La strumentalizzazione in chiave pubblicitaria dei corpi razzializzati
è talmente evidente che si palesa agli occhi di tutt*. Eppure pare che
bisogni sottolinearlo nuovamente e fermamente. E’ per questo che sulle
mura sono apparse scritte quali “i confini non sono un claim: fuoco ai
cie”.

Venerdì 16 giugno, oggi, sta sera, il Coordinamento Torino Pride
organizzerà un evento al Lovers Film Festival sulla situazione
dell’omofobia e dell’attivismo LGBT in Russia e Cecenia. Eccolo il loro
“sofisticato” giochino xenofobo. Essi si ergono, a braccetto con le
istituzioni che governano questa città, a paladini dei diritti umani,
“sofferenti” promotori della lotta all’omofobia nel mondo. Eppure il
loro silenzio rispetto alle dinamiche violente e discriminatorie che si
palesano nella nostra città è altrettanto rumoroso quanto le parole
che spendono nel costruire gli spettri simbolici dell’omofobia in coloro
che etichettano come incivili: una volta la Russia, una volta la
religione musulmana, il continente africano o “il caso della Cecenia”.
Facile meccanismo xenofobo che permette ai “nostri fedeli paladini dei
diritti umani” di autoproclamarsi civilizzati, e segnare così una
distanza da una supposta alterità omofoba, guarda caso sempre non
italiana. Non ci stupisce che questi “paladini dei diritti umani” non
abbiano mai avuto una presa di posizione reale e situata per le persone
trans* rinchiuse in carcere e nei cie/cpr. Non ci sembra che abbiano
speso una parola nel problematizzare l’intersezione della violenza del
genere e dei confini, della violenza della norma eterosessuale e quella
dei sistemi carcerari. Non ci sembra che nessuno abbia problematizzato
il proprio privilegio e decostruito il sistema neoliberale nel quale
sguazza beato chiedendo più diritti per sé e dimenticando la violenza
di stato sui corpi non normati, non bianchi, non italiani, non hipster
ai festival, non servi del governo cittadino pentastellato…

E se voi giovani rampolli della Torino artistica gay da pubblicità
aveste per caso pensato che per tenere a bada la nostra rabbia bastasse
rifiutare i fondi offerti dall’ambasciata israeliana, sappiate che non
ci avete raggirati, non a noi. Non entreremo mai nella vostra dinamica.
Infatti non c’è bisogno di andare in Israele per vedere il Pinkwashing
[strategia volta a nascondere o occultare gli abusi e le violenze delle
istituzioni e delle aziende, dando una visione delle stesse come attente
ai diritti lgbt, quindi “buone”]. Esso è qui e agisce attraverso voi,
organizzatori del Lovers Film Festival e del Piemonte Pride 2017. E’
attraverso di voi che l’amministrazione pentastellata della città tenta
di ripulire la propria immagine, oscurando il suo reale agire, ed
ergendosi a “promotori dei diritti umani”. Non ci stupisce quindi la
strategia di non farsi più finanziare dall’ambasciata israeliana, dopo
le forti critiche ricevute dal festival negli ultimi tempi.
Non ci stupisce nemmeno vedere i manifesti “pubblicitari” del festival e
del pride pieni zeppi di linguaggi e sigle che puntano a una apparente
inclusione delle soggettività “altre”, non aderenti all’usuale discorso
normativo lgbt. Ribadiamo qui, se non fosse chiaro, che questo goffo
tentativo assimilazionista rivela tutta la sua fallacità nel momento
stesso in cui ogni radicalità dei discorsi froci non mainstream viene
appiattita a mero slogan pubblicitario e svuotata di ogni contenuto.

Noi non siamo qui a rivendicare etichette, ma pratiche. Non siamo qui a
rivendicare nomi e categorie, ma idee e rabbia. Non siamo qui a servirvi
sul vassoio d’argento l’ennesima sigla alla moda, siamo qui a
distruggere ogni vostro angolo di marketing.

E’ per questo che dinanzi al Cinema Massimo è apparsa una scritta che
vi ricorda che “la nostra rabbia non è un festival” e sui muri della
GTT, sponsor del pride: “la nostra rabbia non si compra”.

Chiara Appendino, aprirà il corteo del Pride di quest’anno. La stessa
persona che poche settimane fa si è complimentata con il pm Rinaudo per
gli arresti all’Asilo occupato. Rinaudo: pm in prima fila per i processi
contro i No Tav. Noi frocie arrabbiate rimaniamo in solidarietà con gli
arrestati e con chi lotta. Sempre contro chi svende la carica sovversiva
dei nostri corpi froci al migliore offerente.

Piazza palazzo di città, dinanzi al comune, si sveglierà sta mattina
ricoperta dalla scritta “rabbia frocia”, che vi ricordi che i nostri
corpi non sono strumenti utilizzabili per le vostre politiche.

CONTRO LA VOSTRA RETORICA DEI CORPI LIBERI, DEI DIRITTI UMANI E DEL
QUEERING THE BORDERS… PORTIAMO LA NOSTRA RABBIA IN STRADA!

….RABBIA FROCIA

 

This entry was posted in General. Bookmark the permalink.