Il Pride non ci basta più
Abbiamo deciso di non partecipare al RomaPride di quest’anno perché non ci sentiamo più di sfilare se i contenuti politici sono stati sostituiti dalla retorica sui diritti, se le rivendicazioni vengono strumentalizzate per acquisire consenso elettorale attraverso vetrine mediatiche, se la speculazione economica ha trasformato un giorno di lotta in eventi di consumo e mercificazione.
La difesa dei nostri desideri, dei nostri spazi di vita e di espressione si porta avanti insieme, creando sinergie che non escludano nessun*. Vogliamo far parte di una collettività consapevole e forte, ci piace la solidarietà fra soggettività frocie, lesbiche,trans e tutto quello che c’è nel mezzo e oltre, amiamo la politica dal basso, non elemosiniamo contentini da chi ci opprime e ci fa violenza quotidianamente, non vogliamo essere tollerat*.
Diversi governi europei, ma non solo, hanno tentato di creare dei modelli in cui reinserire ciò che non rientrava nella norma, che rivoluzionava la morale bigotta, l’eterosessualità obbligata, la binarietà dei generi, i canoni estetici. Lo standard che vogliono imporci è quello del consumatore, del difensore della quieta convivenza civile, e chi non l’accetta o non riesce a uniformarsi viene repress* in maniera sempre più aggressiva. Per questo siamo complici e solidali con chi viene espuls* al margine della società,con i/le migranti, con le/i trans, le sex workers e con chi rifiuta di farsi annichilire da questo sistema.
Non scendiamo in strada per chiedere diritti ma per rivendicare la
libertà di essere e amare come ci pare.
Non possiamo dimenticare che…the first pride was a riot!!
OMONAZIONALISMO: la deriva istituzionale e lobbista del movimento lgbt a
livello mondiale sta portando all’affermazione di un nuovo modello a cui
conformarsi: il gay bianco, palestrato, possibilmente liscio e unto, che
si sveglia la mattina, produce e tiene le sue “strane abitudini
sessuali” al chiuso delle quattro mura di casa sua o al massimo nei
locali che affollano le gay street, senza turbare troppo l’ordine
costituito. L’esigenza dei governi mondiali di creare un “noi”
artificialmente omogeneo, occidentale, bianco, borghese,
liberal-democratico, consumatore, cattolico e razzista da contrapporre
all’altro-da noi, terrorista, nero, che viene a rubarci il lavoro e a
imporre costumi retrogadi, omofobi e misogeni ha fatto sì che anche i
froci potessero accedere a questo “noi”, accettando senza obiettare
tutte le altre condizioni imposte.
A questo modello ci opponiamo, perchè ci esclude, perchè marginalizza e
reprime tutte le soggettività non bianche, non decenti, non moralizzate
e non funzionali agli interessi del sistema economico.
PINK MARKET: le nostre vite vengono rese continuamente oggetto di
consumo e inserite nei meccanismi del sistema di profitto che schiaccia
ogni forma di diversità e resistenza. Nella spasmodica ricerca di nuovi
mercati in cui espandersi, il capitalismo è arrivato anche alle istanze
del movimento lgbt. Oggi i froci costituiscono un nuovo settore del
mercato, un mercato rosa e scintillante, fatto di locali, feste, moda,
lustrini e tanti soldi, che sembrano aver assorbito completamente la
portata rivoluzionaria delle lotte lgbt.